domenica 25 marzo 2007

Fiorentina, il futuro è adesso

“Il futuro entra in noi molto prima che accada”. L'affermazione del poeta austriaco Rainer Maria Rilke sembra proprio adeguata per spiegare il progetto Fiorentina che si sta sviluppando attraverso una squadra in cui si stanno mettendo in mostra un numero sempre maggiore di giovani, sia in campionato italiano che in campo internazionale. Il gol di Pazzini a Wembley dopo nemmeno un minuto per battezzare l’esordio di uno stadio da sempre definito uno dei templi del calcio – e seguito da alter due reti di pregiata fattezza -riecheggerà nella memoria non solo dei tifosi viola che possono così gioire anche delle prestazioni internazionali dei propri beniamini. Anche perché nell’Under 21 giocano anche Montolivo, Potenza e quel Lupoli che nel giro di qualche anno potrebbe sostituire la coppia d’attaccanti attuale della Fiorentina costituita da Toni e Mutu. Ma anche altri giovani gigliati under 26 che stanno crescendo: si pensi a Pasqual, Pazienza, Donadel, Gamberini. Un altro dato assai confortante: tutti questi giovani sono italiani. Per non parlare poi del settore giovanile, fiore all’occhiello di una società che sta investendo sempre più sul proprio futuro. All’allenatore della Primavera Cadregari spetta infatti il compito abbastanza arduo – ma per ora espletato con ottimi risultati - di preparare la Fiorentina della prossimo decennio. Programmi, programmi, programmi. Solo così si possono trasformare dei progetti in certezze. Alcune di queste sono già consolidate: un allenatore assai competente sia dal punto di vista tecnico sia sotto il profilo della gestione dello spogliatoio; un istrionico direttore sportivo che sa gestire bene il mercato in entrata e in uscita con un’accurata attenzione al budget a disposizione. Ma soprattutto una società che anche mantenendo un basso profilo si sta dimostrando ambiziosa, senza false promesse o proclami utopici. Il futuro della Fiorentina si costruisce così, a piccoli passi, ma si sono visti segnali assai confortanti nel presente.

venerdì 2 marzo 2007

Manu Chao, patchanka all night long

Un crescendo di emozioni. Questo è ciò che riesce a dare un concerto di Manu Chao agli spettatori. E’ è quanto ha ricevuto la folla che è accorsa da molte parti della Toscana (ma non solo) al tour “Radio Bemba sound system” che mercoledì sera faceva tappa a Volterra. Per almeno tre ore le note di Manu Chao si sono mescolate con il sudore dei suoi fans che hanno dato vita a danze frenetiche concluse soltanto quando era ormai notte fonda. In molti, infatti, sono rimasti anche dopo la presunta fine del concerto ad attendere un bis che sarebbe potuto durare fino alle prime luci dell’alba. Purtroppo così non è stato anche se fino alle due e mezzo di notte c’è stata musica e tanta voglia di cantare e ballare. Manu Chao sono una band atipica nel loro genere: durante i loro concerti c’è essenzialmente la voglia di far divertire il pubblico e di divertirsi con loro, con una fusione pressoché totale tra band e spettatori. Prima dell’ingresso sul palco del celebre gruppo si sono avvicendati i Caparezza e la Bandabardò, che avevano già iniziato a far ballare gli spettatori al suono di musiche reggae, ska alternate a suoni mediterranei. Una miscellanea di generi che ha introdotto la musica solare e coinvolgente dei Manu Chao, la cosiddetta “patchanca”, alle cui canzoni è impossibili rimanere fermi. E’ musica semplice da ascoltare e da ballare, che genera profonde emozioni e allegria. Ma soprattutto che sprigiona energia, un’energia che sembra scaturire dall’osmosi tra la band e il pubblico. Una musica per tutti, come testimonia la differenza d’età degli spettatori. Ma un concerto di Manu Chao non è solo musica, ma un momento di riflessione politica e di espressione delle proprie idee. “The problem is Bush”, ha ripetuto spesso Manu Chao nelle sue canzoni, che ha citato anche Berlusconi riprendendo il motivo di “Pinocchio”. A permettere il riuscitissimo svolgimento del concerto c’è annotare l’ottima organizzazione della zona parcheggio, predisposta su una strada secondaria con un eccellente servizio di bus navetta con una ventina di fermate istituite ad hoc.
(Corriere di Firenze agosto 2003)

Il mio primo articolo: Chiti inaugura il teatro a San Donato

Domenica 10 settembre si è aperta la stagione teatrale della “Filarmonica G. Verdi” di San Donato in Poggio con il lieto e piacevole ritorno del regista Ugo Chiti e della compagnia teatrale “Arca Azzurra” che ha presentato la prima di “quattro bombe in tasca” nel teatro della provincia fiorentina dove hanno imboccato il loro itinerario drammaturgico alla fine degli anni settanta. Provincia da dove Ugo Chiti proviene, provincia nella quale il celebre regista ritorna: tutte le rappresentazioni traggono spunto dalla provincia fiorentina in cui Chiti ha vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza circondata da memorie e racconti popolari di cui Chiti è diventato abile cantore. Il nuovo spettacolo “quattro bombe in tasca” è collegato in maniera indissolubile alla drammaturgia del celebre regista, che in particolare modo sembra voler rievocare l’ambientazione storica de “La provincia di Jimmy” e alcuni particolari efferati di “Allegretto perbene ma non troppo”. Con gli spettacoli di Chiti rivive e torna in auge la cultura popolare delle campagne fiorentine, cultura tutt’oggi mai sopita e sempre motivo di orgoglio dell’identità contadina. Tratto peculiare della drammaturgia chitiana è il linguaggio popolare, che i suoi attori ripropongono con assoluta fedeltà in tutte le rappresentazioni teatrali. “Quattro bombe in tasca” è impregnato di monologhi narrativi che introducono la recitazione e che diventano sempre più incalzanti con il trascorrere dell’atto unico per poi culminare in un finale pirotecnico che manda letteralmente in delirio i 258 spettatori assiepati nel piccolo teatro. Gli applausi a scena aperta da parte del pubblico hanno anticipato la meritata premiazione del regista Chiti, di Massimo Salvianti e della compagnia teatrale “Arca Azzurra” da parte dell’amministrazione comunale di Tavarnelle. All’evento mondano dell’inaugurazione del teatro “Filarmonica G. Verdi” di San Donato in Poggio hanno inoltre partecipato l’onorevole Spini, l’assessore regionale alla cultura Zoppi e il celebre attore Claudio Bisio, oltre gli abitanti del luogo che non si stancano mai di ripercorrere gli itinerari che la cultura popolare ha tracciato e al quale Chiti vuol conferire un’aurea di sacralità.
(Corriere del Chianti settembre 2000)

Zelig again

Il venerdì in televisione, il sabato sera al Circolo Semifonte. Circolo Semifonte nuovamente pieno per il terzo appuntamento con l’esilerante comicità dei cabarettisti di Zelig No Limits, fortunata trasmissione televisiva i cui artisti continuano a girare tra i teatri d’Italia portando tanta allegria e buonumore. Lo scorso anno è venuto per ben due volte Antonio Cornacchione, rispettivamente a febbraio al circolo e durante la festa estiva, ora stabilmente in televisione con il programma di Fazio sulle previsioni del tempo. Dei cabarettisti che avevano preso parte allo primo appuntamento con il teatro umoristico c’era solo rispetto allo scorso Luca Donato, che ha recitato alcuni monologhi interrotti dai suoi pazzi, immancabili sondaggi. Uno spettacolo che si è distinto dai due precedenti per i temi proposti dai cabarettisti: molta meno satira politica e più spazio per argomenti più frivoli. Sul palco si sono avvicendati i G.P.L., acronimo di Giorgio, Paolo e Luigi (anche se Paolo era assente sostituito in alcuni sketch da Luca Donato), che hanno messo in scena un trio di truffatori alla ricerca di polli da spennare attraverso la vendita dell’esemplare di Todeschini, “primo valido esempio di sperimentazione genetica sull’essere umano”, capace di leggere passato, presente e futuro della gente. Ma c’è stato spazio anche per il duo Fabio e Fabio, che hanno messo in scena i deliri fashion di due mafiosi alla moda, quasi una parodia in chiave malavitosa dei celebri stilisti Dolce e Gabbana, anzi Dolce e Lupara (rivestita di seta però). Presentatore della serata Alfredo, che si è a lungo soffermato sulla tecnologia e sugli effetti che ha sull’uomo, per poi vestire i panni di un’improbabile camicia verde che condivide il palazzo dove vive nell’interland milanese con arabi e cinesi. “Anche quest’anno abbiamo dovuto sistemare per terra teli e cuscini per far entrare tutti gli spettatori: non sarebbe stato infatti possibile far accomodare tutti sulle sedie e siccome lo spettacolo durava circa un ora e mezzo non potevamo far mica stare gli spettatori in piedi - commenta lo staff del Semifonte – cosa che comunque è stata molto gradita sia agli spettatori che dai cabarettisti, dato che, come hanno detto loro stessi, l’atmosfera gli sembrava meno formale e ci poteva essere anche l’occasione per una maggiore interazione con il pubblico durante la loro performance”. Ne sa sicuramente qualcosa Lorenzo, spettatore delle prime file che è stato letteralmente “massacrato” dalle battute dei cabarettisti che si presentavano a turno sulla scena, specialmente dai G.P.L. e dal duo Fabio e Fabio. Alla fine dello spettacolo la serata è continuata con la musica dei dj del Semifonte, con i cabarettisti che si sono mescolati alla gente e hanno continuato a divertirsi fino a notte fonda.
(Metropoli Chianti marzo 2004)

montemaggio, per non dimenticare

Un concerto per onorare i caduti dell’eccidio di Montemaggio. A 60 anni dalla strage nazi-fascista sulle pendici della collina, il comune di Poggibonsi, con il patrocinio dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), la collaborazione con la Regione Toscana e i comuni di Casole d’Elsa, Certaldo, Colle Val d’Elsa, Monteriggioni, San Gimignano, Gambassi Terme e Radicandoli e la partecipazione in via informale del comune di Barberino ha organizzato due giornate (il 27 e il 28 marzo) in memoria dei 19 caduti. L’anno prossimo dovrebbe essere il turno del comune di Barberino a celebrare l’anniversario, per meglio onorare Piero Bartalini, partigiano barberinese caduto nell’eccidio, al quale è stata posta il 27 nel cimitero di Vico una corona di alloro. Oltre alle celebrazioni ufficiali e a incontri con l’associazione dei partigiani, lo scorso sabato è andato in scena nella tensiostruttura del Bernino “Montemaggio” uno spettacolo ideato e diretto da Francesco Magnelli, che ha visto la partecipazione di alcuni componenti della Bandabardò (Massimiliano Gambinossi, Gabriele de Cecco e Errequez Greppi), della soave voce dei C.S.I. e P.G.R. Ginevra di Marco, dell’istrionico cantante della Piccola Orchestra Avion Travel Peppe Servillo e di Daniele Sepe. La collaborazione tra un gruppo di artisti di elevata caratura ha dato la vita ad un concerto in cui la forza evocativa della musica ha alternato atmosfere cupe a momenti più gioiosi, dando vita ad una miscela di suoni che il pubblico del concerto – dai bambini agli anziani – ha molto apprezzato. Alla fine del concerto sul palco è salito anche un partigiano, Vittorio Meoni, che dopo aver ringraziato gli artisti che si erano esibiti sul palcoscenico del palazzetto dello sport, ha rinnovato il suo saluto ai 19 caduti nell’eccidio di Montemaggio. Gli artisti hanno allora chiuso il loro spettacolo accennando la canzone inneggiante ai partigiani dei C.S.I. tra gli applausi scroscianti del pubblico e qualche lacrima di commozione.
(Metropoli Chianti aprile 2004)

Salvianti, un attore legato al territorio

Gran successo di pubblico la scorsa settimana al Teatro Puccini di Firenze per “Nero Cardinale” di Ugo Chiti. Gli attori de “L’Arca Azzurra”, che mettono in scena da vent’anni testi teatrali, erano affiancati nientedimeno da Alessandro Benvenuti. Una tournee che toccherà fino a marzo molte città italiane, da Trento a Matera. Una tappa importante per una compagnia che è cresciuta molto dal punto di vista teatrale negli ultimi anni e che deve al legame con il territorio (la provincia di Firenze) gran parte delle sue fortune. Ce ne parla Massimo Salvianti, componente de “L’Arca Azzurra” con Andrea Costagli, Lucia Socci, Dimitri Frosali e Giuliana Colzi i quali risiedono a Tavarnelle e nei comuni limitrofi.
Quanto conta il legame con il territorio degli attori dell’Arca Azzurra e il regista Ugo Chiti?
“Conta tantissimo, altrimenti noi non esisteremmo, come probabilmente non esisterebbe la drammaturgia di Ugo. Il nostro incontro con Ugo vent’anni fa sarebbe stato semplicemente e soltanto un laboratorio teatrale amatoriale. Il riconoscimento di radici territoriali comuni e della forza di queste radici si concretizza per lo più nel linguaggio: io parlerei quindi più di un territorio linguistico, all’interno della quale intendo anche la letteratura orale. Un territorio linguistico che ci è servito anche quando poi abbiamo messo in scena testi classici come “Il Decamerone” e “La Cena delle Beffe”, ma anche lo stesso “Nero Cardinale”, testi che non sono nostri ma che abbiamo messo in scena più facilmente proprio grazie a questo territorio linguistico comune; si può dire che questa sia la nostra forza.”
Oramai state diventando famosi…
“La gente viene volentieri a vedere le nostre rappresentazioni perché si identifica con esse: le storie scritte da Ugo rappresentano uno spaccato della vita di provincia, con un uso di un linguaggio comune in cui gli spettatori conoscono e in cui si riconoscono”.
Come è nato “Nero Cardinale”?“Ugo ha scritto questo testo nel 1987, quando era agli inizi della sua carriera teatrale: noi iniziavamo a farci conoscere con “Allegretto… perbene ma non troppo”. In concomitanza con questo, il testo di “Nero Cardinale” vinse il Premio Riccione e allora gli addetti ai lavori, ma anche il pubblico, iniziarono a interessarsi di facce nuove come potevano essere le nostre. Il testo, che narra una storia dei Medici, non era stato scritto per noi, come avveniva di solito, ma era stato scritto perché si stava avvicinando l’anno mediceo, con un interessamento perfino di Albertazzi. Hanno letto questo testo anche altri grandi attori come Gaber e Mauri, ma la produzione non decollava; dopo molti anni Ugo propone al Benvenuti questa idea che si è felicemente concretizzata.”
(Metropoli Chianti febbraio 2003)

Attenzione a Cornacchione

Gran successo di pubblico al Circolo Semifonte per i cabarettisti di ‘Zelig’. Il programma televisivo, presentato da Michelle Hunzinger e da Claudio Bisio (quest’ultimo spesso dalle parti di Barberino, dove possiede una splendida colonica), sta infatti lanciando molti comici sulla ribalta nazionale. Applauditissimo il trio di cabarettisti Antonio Cornacchione, Luca Donato e Teo Guadalupi, che hanno messo in scena il loro spettacolo "Episodio di Resistenza Comica", una satira di circa due ore dove oggetto delle battute del trio sono stati governo e opposizione, mezzi di informazione e riflessioni sarcastiche sulla attuale crisi internazionale. Il chitarrista dei ‘Carlito’s Way’ Francesco Fallai si è volentieri prestato ad accompagnare con la sua chitarra il trio durante gli intermezzi musicali. Antonio Cornacchione, già a "Su la Testa" con Paolo Rossi e a "Zelig" e prossimo protagonista di "Bulldozer" su Raidue, ci racconta come è nata la collaborazione tra questi artisti. “Facciamo parte con altri comici che hanno preso parte a ‘Zelig’ di CULT, un acrostico che significa Comici Uniti Liberi Trasgressivi. Ultimamente stiamo girando l’Italia con il nostro spettacolo di cabaret, tra feste dell’Unità, teatri, centri sociali”. “Siamo molto soddisfatti di essere stati qui, il pubblico è stato veramente caloroso”, afferma Luca Donato. A causa del massiccio afflusso di persone allo spettacolo, non è stato possibile far accomodare gli spettatori su sedie, ma sono stati stesi per terra teli e cuscini che sono stati molto graditi e che ha reso l’atmosfera molto informale durante la performance, con commenti della folla che erano spesso spunti per battute e freddure da parte dei tre comici. “E’ stata una bella soddisfazione poter portare qui al circolo comici che provengono da spettacoli televisivi come ‘Zelig’, che rappresenta un vero e proprio laboratorio e vivaio per la comicità nostrana”, afferma orgogliosamente Fabiana Butini, responsabile per il teatro del circolo, che continuando “Molta gente è venuta addirittura da Firenze e da Siena per assistere allo spettacolo; speriamo di poter riportare ancora comici di questo rango per la festa in pineta d’estate”. Lo spettacolo è stato assai divertente: il cabaret che il trio ha presentato è stato molto raffinato, mai banale e nemmeno volgare, come spesso invece si vede in alcune trasmissioni televisive”, afferma Manuele Bencini, uno dei tanti spettatori assiepati nel circolo.
(Metropoli Chianti febbraio 2003)

Calonaci, un'abbuffata di risate e letteratura

IL CABARETTISTA CALONACI PRESENTA LA PRIMA DI “L’OSTERIA DELLA PAROLA” AL CIRCOLO SEMIFONTE
Il menù de ‘L’Osteria della Parola’ prevede Alessandro Calonaci, cabarettista e attore, che delizia il palato degli spettatori-buongustai con succulente pietanze a base di sommi poeti come Dante, Tasso intervallati da momenti di esilarante comicità. E’ nato a Lastra a Signa, ma ormai è stato “adottato” dal Circolo Semifonte dove ha messo in scena diverse volte negli ultimi anni i suoi spettacoli con il trio “I Gatti sotto Spirito”. Venerdì 22 novembre ha presentato in anteprima il suo ultimo spettacolo “L’osteria della parola” con i suoi bravi e fedeli collaboratori Sergio Taralli e Chiara Boncinelli presso il circolo ricreativo barberinese.
Come mai la scelta di esordire con il tuo nuovo spettacolo al Circolo Semifonte?
“Più che una prima era una prova aperta perché la televisione doveva fare uno special. Ho scelto di venire qui perché mi sento a casa mia davvero: qui mi hanno sempre accolto benissimo. Sarà almeno la sesta volta che presento i miei spettacoli al Semifonte”.
Qui c’è molta gente che ti stima…
“Sono rimasto particolarmente colpito nuovamente dal calore e dalla massiccia presenza del pubblico: qui senti che la gente stima quello che fai, quello che sei. Continuerò anche in futuro a fare spettacoli al Semifonte”.
So che in questi anni hai sempre fatto divertire tanto i ragazzi del Semifonte…
“Questa volta ho cercato non solo di far ridere il pubblico: ho recitato anche il trentatreesimo dell’Inferno di Dante (Il Conte Ugolino), ‘La Gerusalemme Liberata’ del Tasso, ‘Kean’ di Dumas e Sartre e ‘La Lunga Strada’ di Ferlinghetti; a me piace mischiare il cosiddetto ‘alto teatro’ con il ‘basso teatro’, con una particolare attenzione per i poeti dialettali romani o napoletani come Trilussa e Viviani, con tutti i rischi di chi non è né romano né napoletano. Il percorso teatrale che vorrei perseguire è una contaminatio tra il teatro comico e la poesia per unire queste due mie anime di attore drammatico e di attore comico”.
E tra le tue ultime performance?
“Oltre a spettacoli teatrali e di cabaret ho fatto un film con Ceccherini che si intitola ‘La Brutta Copia’; ora inizierò con una trasmissione prodotta e diretta da Alberto Cavallini della ‘Artist’, il mio agente, che abbiamo scritto insieme e che abbiamo iniziato a registrare da una settimana”.
Quali sono i cabarettisti che stimi di più?
“Antonio Albanese e il trio Aldo Giovanni e Giacomo: credo che siano i migliori cabarettisti e i migliori attori del teatro comico in giro nel panorama italiano”.
E del Ceccherini cosa mi dici?
“Massimo Ceccherini è un gran professionista; sia come regista che come attore mi ha impressionato parecchio”.
Che parte reciti nel suo film?
“Recito la parte di un cuoco disilluso dalla vita e amico intimo del protagonista che è Massimo”.
Progetti a breve termine, oltre alla trasmissione con Cavallini?“Girata la trasmissione su Canale 10 ‘Diavoli al Sugo’, stiamo pianificando con Alberto un tour che partirà a dicembre e ci vedrà impegnati un po’ in tutta Italia”.
(Corriere del Chianti novembre 2002)

Terzani, reporter d'altri tempi

Non capita spesso di poter assistere ad un incontro con uno dei giornalisti italiani che gode di maggior prestigio a livello internazionale come Tiziano Terzani. A fine febbraio il celebre giornalista, già insignito nel 1997 con il prestigioso "Premio Luigi Barzini all'inviato speciale", ha iniziato una serie di incontri che termineranno a fine marzo dopo aver toccato molte città italiane sia grandi che piccole. Martedì 4 marzo, dopo gli studenti della facoltà di Scienze Politiche di Firenze “Cesare Alfieri”, anche la gente di Tavarnelle Val di Pesa e dei comuni limitrofi hanno avuto la fortuna di conoscere la vita e il pensiero di questo giornalista che può vantare addirittura trent’anni di attività presso “Der Spiegel”, ovvero uno dei settimanali più importanti della Germania. La sala del circolo culturale-ricreativo “La Rampa” era infatti assai gremita di persone, specialmente da giovani che assiepavano interessati le prime file. Il corrispondente per l’Asia del settimanale tedesco e de “Il Corriere della Sera” si presenta tutto vestito di bianco, con la ferma intenzione non di pubblicizzare il proprio libro “Lettere contro la guerra” –non si spiega altrimenti il suo rifiuto di voler comparire nei talk shows che sono “solo una scusa per fare spettacolo”, come lui stesso asserisce- ma di invitare coloro che ascolteranno il suo pensiero a riflettere su quello che sta succedendo dopo il fatidico undici settembre. Terzani non pretende di dare risposte, ma l’obiettivo che si prefigge lui stesso è quello di “porre delle domande, sollevare il dubbio”, per non lasciarsi abbindolare da facili e comode versioni della storia, che solitamente le nazioni più potenti hanno la pretesa di imporre per il proprio tornaconto. Terzani vuol capire qual è la spirale di violenza che ha portato al terrorismo dei nostri giorni, nuovo impero del male che tutti oggi vogliono combattere senza sapere esattamente le motivazioni che hanno spinto gli attentatori delle Torri Gemelle a compiere quel tragico gesto. Il famoso giornalista, che conosce assai bene la storia e la cultura del mondo orientale, è un convinto assertore della non violenza: la serie di incontri con il pubblico si configura come un vero e proprio “pellegrinaggio di pace”. Terzani è fermamente convinto che solo con la non violenza sarà possibile, in futuro, la pacifica convivenza dei popoli: i conflitti che stanno attanagliando il mondo (Africa, Asia) sono dovuti principalmente alla mancanza di comprensione dell’altro, del diverso da noi, sia dal punto di vista culturale, religioso, politico ed economico: è molto più facile dichiarare guerra ad un popolo cosiddetto “culturalmente inferiore” (ricordando una famigerata dichiarazione del nostro Presidente del Consiglio per esprimere la sua opinione nei confronti della comunità islamica qualche tempo dopo l’attentato alle Torri Gemelle) che cercare di capirne la diversità di un popolo e cercare di conviverci senza avere la pretesa di soggiogare quel mondo e di renderlo omologo a quello occidentale, che purtroppo, dato il suo imbarbarimento, reagisce all’attentato con la logica reazionaria della cosiddetta giusta e motivata vendetta, applicando così la sua (presunta) superiorità culturale e intellettuale, per schiacciare il male (l’occidente si ritiene il baluardo del bene, ma soprattutto del benessere) anziché comprenderlo e cercare una soluzione in cui non valga più l’assunto sangue chiama sangue.
(Corriere del Chianti marzo 2002)

Arca Azzurra avanti tutta

La compagnia teatrale “Arca Azzurra” è sbarcata la settimana scorsa al teatro “La Pergola” di Firenze con la rappresentazione “4 Bombe in Tasca”, ambientata durante la Resistenza. Ed è stato un successo in termini di pubblico. Successo che probabilmente sarà ripetuto negli altri tetri dove la compagnia teatrale porterà i loro spettacoli, tra cui spiccano proprio “4 Bombe in Tasca” e “La Cena dei Buffi”. La loro tourné è iniziata a novembre dello scorso anno e terminerà a fine aprile, toccando molte città del nord e del centro Italia, ma in prevalenza quelle della Toscana dove le rappresentazioni della compagnia sono già conosciute ed amate. Con la tenace volontà –ma anche con la bravura degli attori che ne fanno parte- l’Arca Azzurra è diventata, specialmente dagli ultimi anni a questa parte, un assoluto punto di riferimento per la produzione teatrale del Chianti. Nata nel 1983 come laboratorio teatrale condotto dal regista e drammaturgo Ugo Chiti che da allora continua ad essere il leader di un gruppo di cui ha firmato tutti gli spettacoli. Oltretutto il regista chiantigiano può vantare anche due film al suo attivo: “Albergo Roma” (che prende il nome proprio di un albergo di Tavarnelle) e “La Seconda Moglie” (dove ha parte un’attrice di caratura nazionale come Maria Grazia Cucinotta). E’ proprio a Tavarnelle Val di Pesa che molti attori della compagnia hanno la loro residenza, ma soprattutto è lì che hanno iniziato la loro esperienza teatrale con le seguenti rappresentazioni: “Volta la carta... ecco la casa”, “Carmina Vini” “Equinozio (rituale stagionale)” e “Allegretto (perbene... ma non troppo)”, anche se è nella stagione 1989/1990 con “La provincia di Jimmy” che la compagnia riceve i primi riconoscimenti artistici come il premio IDI 1989, che dopo 120 repliche in tutta Italia riceve il premio Taormina Arte - Novità Italiana e inoltre il biglietto d'oro Agis-Minerva per l'impegno organizzativo e artistico come ente produttore. Da qualche anno a questa parte, poi, la compagnia ha sede legale a San Casciano, proprio accanto al teatro Niccolini, le cui quinte sembrano aver adottato questi artisti che hanno visto realizzarsi i propri sogni artistici dopo tante fatiche e sacrifici. Specialmente l’ex-attrice della compagnia Barbara Enrichi, è salita alla ribalta presso il grande pubblico con alcuni film di Leonardo Pieraccioni, dove ha interpretato ruoli di non poco conto. Ma anche gli altri attori non sono stati da meno e hanno svolto in molte occasioni il ruolo di comparse o hanno avuto ruoli minori in film di altri registi toscani come ad esempio in quelli di Francesco Nuti (oltre che in quelli del Chiti). Dal punto di vista artistico, la compagnia è molto legata al suo territorio di riferimento –il Chianti fiorentino ovviamente- che resta lo scenario più adatto e più congeniale a regista e attori, dato che nella stragrande maggioranza delle loro opere vengono raccontate storie che affondano le loro radici nell’immaginario popolare locale, anche se è grazie all'enorme comunicativa sonora e gestuale di attori come Massimo Salvianti e Dimitri Frosali (solo per citarne due, che tra l’altro dirigono alcuni laboratori teatrali) che le rappresentazioni sanno andare oltre agli aspetti meramente folclorici e vernacolari.
(Corriere del Chianti febbraio 2002)

Giobbe, comicità e riflessione

Comicità e solidarietà, un mix che indissolubilmente mai si scinde negli spettacoli di Giobbe Covatta. E che ha fatto registrare il tutto esaurito nella piazza di Tignano lo scorso 20 luglio quando è andato in scena lo spettacolo “Melanina e Varechina”, dove il famoso comico partenopeo ha illustrato la situazione africana attraverso il gioco da lui ideato “Monopolepole”, sulla falsariga del più conosciuto Monopoli. Tirando un dado le cui 6 facce riportano sempre il contrassegno “uno”, Giobbe percorre piano piano (“pole pole” appunto) tutte le 24 caselle del tabellone, intervallando momenti di grande comicità a momenti in cui il comico snocciola dati sull’Occidente confrontandoli con quelli di molti paesi dell’Africa, ormai una seconda sua terra visto la regolarità in cui vi si reca in occasione dei progetti dell’Amref, di cui è testimonial da oltre 10 anni. “Conosco molto bene le realtà del Magreb e dell’Africa dell’est e dell’ovest, un po’ meno quella del Sudafrica”, commenta Giobbe con il suo assai coinvolgente accento napoletano, un vero e proprio supporto alla sua straripante comicità. Facce visibilmente soddisfatte tra il pubblico di circa 300 persone: la gente ha assai apprezzato il modo originale di Giobbe di far comicità facendo anche riflettere sulla situazione africana.
(Metropoli Chianti luglio 2005)

raptus interruptus

Come un bambino che voleva partecipare ad un gioco che forse nemmeno lui stesso conosceva. Niente maniaco sessuale, ma solo la storia di un ragazzo che lavora (molto e bene), un po’ solo e con un carattere un po’ troppo chiuso, che quella mattina o seguiva dei ‘segnali’ che lo hanno spinto a uscire di casa alle 5 del mattino e a proporre effusioni amorose con sconosciuti oppure si gettava dalla finestra. “Per come è andata la storia, meglio la prima ipotesi”, commenta il gestore Massimo Cucchi dell’agriturismo “La Paneretta”, che ci racconta meglio l’episodio.
Ricapitolando, cosa è successo dal principio?
“Verso le 8 e 30 della scorsa domenica si è presentato alla reception un ragazzo che ha chiesto la disponibilità di una camera doppia, nonostante fosse da solo, ha lasciato i documenti e ha pagato regolarmente”.
Non aveva notato niente di strano?
“Assolutamente no, era una normalissima situazione: il ragazzo non denotava comportamenti anomali, forse semmai un’insolita tranquillità, ma niente di più. Ha preso la chiave ed è andato nell’appartamento che gli era stato assegnato, è entrato nell’altro appartamento rimasto aperto dove una coppia milanese stava facendo la doccia. Si è presentato in mutande ma è stato pregato dal ragazzo di farlo uscire, ed è uscito quasi senza fiatare”.
Quando si è accorto dell’episodio?
“Mi ha chiamato la coppia dicendomi che c’era un individuo che voleva entrare nel loro appartamento: la reception non è nello stesso stabile della casa, che dista circa 300 metri”.
Non aveva un po’ paura ad intervenire?
“Non molta, visto che il ragazzo che mi ha chiamato era, nonostante la situazione, abbastanza lucido e razionale. Tutto ciò in qualche modo ha tranquillizzato anche me. Ma non lo era molto la sua ragazza, che voleva addirittura gettarsi dalla finestra dal panico”.
Cosa ha fatto allora?
“Sono andato a prendere una scala lunga per far scendere la ragazza dalla finestra: la coppia si trovava infatti nell’appartamento al primo piano… e menomale che erano al primo piano, visto che gli appartamenti al piano terra hanno le finestre protette da inferriate, per cui non sarebbe stato possibile far allontanare la coppia”.
Mentre il ragazzo continuava a sbattere la porta?
“Eh si, fino al punto tale che, data la sua robusta corporatura, è riuscito ad entrare nell’appartamento della coppia e si è diretto verso la finestra dalla quale erano usciti i ragazzi”.
E cosa ha fatto poi?
“È rimasto lì nell’appartamento, come paralizzato, forse non rendendosi bene conto di cosa avesse fatto. Non ha mai reagito né avuto comportamenti o atteggiamenti violenti nei confronti della coppia, mai una minaccia, ma solo la proposta di fare l’amore a tre. L’unica violenza quando ha scardinato la porta. Il suo è stato un raptus che denota un malessere interiore represso, forse legato al trauma dovuto all’incidente stradale grave di qualche anno fa”.
Come si è risolta la questione?“Il ragazzo ha atteso l’arrivo dei carabinieri tranquillamente seduto sul letto, senza mai dare in escandenze: anche quando il ragazzo milanese l’ha pregato di allontanarsi dall’appartamento, questo se ne andato senza fiatare. La situazione, da potenzialmente pericolosa per tutti e tre i protagonisti, si è pian piano affievolita, con il terrore che si è tramutato in compassione nei confronti del ragazzo, con la coppia che ha sporto denuncia ma che non si è costituita parte civile. Dall’altro canto nemmeno io ho fatto denuncia e non ho chiesto danni di risarcimento, vista la situazione”.
(Metropoli Chianti giugno 2005)

rotolando sulla sabbia

Un gioco che ha accompagnato e che sta ancora accompagnando la vita di grandi e piccini nelle assolate giornate estive al mare. Si tratta delle ‘palline con i ciclisti’, che da decenni rotolano e saltano con i loro sgargianti colori per le piste costruite ad hoc un po’ ovunque sulle spiagge delle località balneari. Ivan Picchi, 59 anni di Firenze, è il titolare della Ciro Giocattoli S.R.L., azienda che da circa 40 anni nella zona industriale della Sambuca produce giocattoli in plastica e che è presente ed espone i suoi prodotti e le novità del proprio catalogo alle due maggiori manifestazioni internazionale del Giocattolo: Hong Kong Toys & Games Fair Fiera Internazionale del Giocattolo di Norimberga. Un catalogo ricco e in continua ridefinizione tra cui camion, ruspe, trattori, garages, armi giocattolo, trainabili, oltre alle famosissime ‘palline con i ciclisti’, presenti nel catalogo dell’azienda da oltre 30 anni. “La nostra azienda si è da sempre contraddistinta per l’alta qualità, la costante ricerca di design originali e il grande impegno professionale per soddisfare le esigenze sempre nuove del consumatore finale, il bambino, appunto, con l’obiettivo di favorirne la crescita e lo sviluppo psicomotorio”, commenta il titolare. “Provo una grande soddisfazione quando i bambini si divertono a giocare con le nostre palline, specialmente quelli di oggi che riescono ancora a divertirsi con un gioco così semplice, ma anche molto creativo”. Ed il gioco delle palline sulla spiaggia rappresenta veramente la creatività, oltre a stimolarla. In spiaggia si vedono spesso piste che sono delle vere e proprie opere d’arte, con le probabilità di tagliare al traguardo spesso proibitive per le miriadi di ostacoli che impegnano i giocatori a cimentarsi in prove di abilità. Percorsi obbligati sotto legnetti reperiti sulla spiaggia, tunnel fatti con bicchieri bucati, paraboliche, salti, “Si tratta di un prodotto ancora molto richiesto: è un prodotto classico, il cui consumo è rimasto quasi inalterato nel tempo e che tuttora riesce ad affascinare i grandi come i più piccoli: è anche grazie a questo prodotto che la nostra azienda uno sviluppo commerciale internazionale”, continua Ivan. Non solo palline con l’effige dei ciclisti con il nome e la nazionalità, ma anche quelle raffiguranti i bolidi di formula 1, quelle che sono contenute all’interno del sacchetto traforato di plastica elastica. “Le palline con dentro le immagini dei ciclisti sono però le più gettonate, forse perché i personaggi sono molto pubblicizzati tramite il Giro d’Italia e il Tour de France”, conclude Ivan. Nelle palline con la formula 1 c’è solo l’immagine della vettura, forse sono un po’ più spersonalizzate delle altre, che sono sempre le più ambite generalmente nelle scelte.
(Metropoli Chianti luglio 2005)

Milva in the night

Tutti pazzi per Milva. Un folto pubblico ha assistito alla performance della rossa Pantera di Goro, che tra vecchi successi e nuovi ha scaldato i cuori dei suoi fans in una fresca serata estiva ha ancora una volta brillato la sua stella e la sua chioma.
Intanto complimenti per la sua esibizione e per il suo fascino. Come ha trovato il pubblico?
“E’ un elemento essenziale per la buona riuscita di uno spettacolo: l’artista ‘sente’ l’affetto del pubblico e così riesce ad esprimere al meglio le sue qualità… Nonostante avessi solo un velo sulle spalle non avvertivo freddo”.
Conosceva Tignano prima d’ora?
“No, non ero mai stata da queste parti prima d’ora… ho cantato a Firenze e a Siena, ma le vostre zone non le conosco poi molto. Ed è un vero peccato perché la campagna chiantigiana è bellissima… credo proprio che in futuro la conoscerò meglio, magari quando ho finito la turnée ci potrei trascorrere qualche giornata di vacanza”.
Lei ha spesso calcato molti importanti palcoscenici italiani ed internazionali… come si è sentita a cantare in una piccola piazza come quella di Tignano?
“Non ho problemi a cantare in luoghi come questi, specie se sono così belli e suggestivi… e poi io sono originaria di un piccolo paese di pescatori sul delta del Po, dove ho trascorso la mia infanzia. E poi ritengo giusto portare gli spettacoli anche nei centri minori: non si possono mica fare solo concerti in grandi auditorium delle città… anche il pubblico periferico ha una sua dignità e va rispettato”.
Lei tra l’altro ha vissuto anche a Firenze… come si è trovata?
“Era il 1957 e mio padre, un commerciante di pesce, si trasferì con tutta la famiglia nei pressi della stazione di Rifredi… abbiamo abitato in quella zona per circa sei mesi, poi però se volevo sfondare nel mondo della musica dovevo trasferirmi a Bologna e così lasciammo Firenze”.
Le è dispiaciuto?
“Un po’ si perché ho dei ricordi bellissimi, come per esempio quando andavo al cinema la domenica pomeriggio con mia sorella e dove avevo iniziato a lavorare come sarta… la Toscana e l’Umbria sono le regione che paesaggisticamente mi piacciono di più… però per la mia carriera in quel momento Bologna era la città più giusta”.
(Metropoli Chianti luglio 2005)

Bisio Comicità e musica con i Les Arnò

Claudio Bisio&Les Arnò, atto secondo. Il celebre presentatore della seguitissima trasmissione televisiva “Zelig” torna sul palcoscenico a Barberino (si fa per dire, dato che ha una casa nella campagna barberinese) per affiancare l’ormai conosciuto gruppo musicale, con la stragrande maggioranza dei suoi componenti che abitano nei comuni del Chianti. All’ormai collaudata accoppiata è toccato il compito di chiudere i battenti della festa di Liberazione in pineta a Barberino domenica scorsa, dopo che Bisio e i Les Arnò avevano già fatto uno spettacolo insieme nella splendida cornice dell’antico borgo della piccola frazione Tignano tre anni fa, quando lo straripante comico e il gruppo musicale avevano dato vita ad una serata in cui si intrecciavano i divertenti monologhi del celebre comico televisivo con i ritmi solari e mediterranei del complesso musicale. Questa volta ha presentato alcune parti del suo spettacolo “I bambini sono di sinistra”, accompagnato in maniera molto soft dalla band all’inizio fino all’epilogo del monologo terminato in un vero e proprio crescendo emozionale da entrambe le parti, dove note e parole sembravano quasi fondersi magicamente. Poi Bisio ha lasciato il posto sul palcoscenico al gruppo musicale, con il pubblico che ha piano piano abbandonato le sedie e si è riversato nella pista di pattinaggio a muoversi al ritmo delle note della band. Un successo sia per il celebre comico, ma anche per il gruppo, che ha fatto divertire per due ore – ma soprattutto ballare – grandi e piccini.
(Metropoli Chianti settembre 2004)

Bisio, che simpatico umorista

Claudio Bisio e la comicità. Un botta e risposta con il celebre cabarettista-comico-presentatore (ma anche ottimo ballerino) prima della sua apparizione con Les Arnò.
Come giudichi il mondo della comicità al giorno d’oggi? Noti qualche differenza tra ora e vent’anni fa?
“Sicuramente il numero dei comici è cresciuto rispetto al passato, solo che è calato il numero dei locali dove è possibile esibirsi. Mi sembra che al giorno d’oggi i comici trovino maggiore difficoltà a fare cabaret, sia all’inizio che durante il prosieguo della loro attività”.
Quali sono i locali storici del cabaret?
“A Milano, sicuramente Zelig è stato quello più rinomato, anche se prima di questo c’era il Derby Club, un locale dove si sono esibiti i vari Abatantuono, i Gatti di Vicolo Miracoli, i Boldi, i Teocoli e i Cochi e Renato tanto per citare alcuni nomi”.
Perché uno spettacolo come il cabaret attecchisce meglio nelle regioni del nord?
“Sicuramente fare cabaret è un fenomeno nordico, che si avvicina molto alla tradizione mitteleuropea, dove il cabarettista esprime la sua comicità attraverso giochi di parole, iperboli. Sicuramente è un modo diverso di fare comicità rispetto alle macchiette romane o alla teatralità dei comici napoletani, riferendomi nel primo caso ai vari Montesano, Panelli, Proietti e Guzzanti, mentre nel secondo a Totò”.
Che cosa significa fare satira?
“Far ridere calpestando tutto e tutti: dai potenti a se stessi, chi fa satira deve avere una buona dose di ironia, ma soprattutto di autoironia”.
Quant’è difficile far ridere la gente?
“Moltissimo”.
Per quel che riguarda i tuoi programmi a breve?
“Da autunno andrà in programmazione “Zelig Off”, con moltissime facce nuove, mentre una speciale puntata di Zelig andrà in onda la notte di capodanno, con la trasmissione del varietà comico che inizierà a Gennaio”
La tua spalla sarà sempre la solare e ammaliante Vanessa Encontrada?
“Si”.
(Metropoli Chianti settembre 2004)

viva la ciccia!

Davanti alla antica macelleria Cecchini c’è una piccola lapide in memoria della scomparsa della bistecca alla fiorentina. Da quel tragico 31 marzo 2001 Dario Cecchini, il singolare titolare della macelleria, pone sulla lapide con regolare cadenza una rosa rossa in omaggio a questa specialità tipica toscana. Nonostante il triste evento, il macellaio più famoso d’Italia risponde gentilmente e ironicamente alle domande che gli sono state poste.
La Comunità Europea, dopo la messa al bando della bistecca alla fiorentina, sembra intenzionata a introdurre per questo prodotto il marchio di qualità. In cosa consiste effettivamente?
“Non lo so mica! Io faccio l’artigiano e non mi occupo di affari istituzionali: non vorrei che fosse frainteso e travisato lo spirito del funerale. Lo spirito del funerale non si rifaceva alla disposizione del ministero della sanità, ma prendeva spunto da quella disposizione per rifarsi direttamente al Boccaccio, perché, a mio giudizio, non era in pericolo solo la bistecca alla fiorentina ma era in pericolo una certa toscanità, fatta della capacità di ridere anche delle cose più tristi, perché è triste che la bistecca alla fiorentina venga levata dal commercio; questa toscanità è stata esaltata al massimo in occasione del funerale alla bistecca. E’ lì che il sarcasmo tipico dei fiorentini è venuto fuori con estrema chiarezza: noi toscani facciamo le cose non per fare dispetto a qualcuno ma perché non possiamo a meno di fare ‘i chiasso o di prendere per il c…; comunque, ben venga il marchio di qualità per la bistecca alla fiorentina ma il mio obiettivo è quello di scuotere gli animi della gente per riaffermare nuovamente una identità, quella toscana appunto, che si sta andando piano piano affievolendo”.
Cosa intende esattamente per “toscanità”?
“La vena polemica ma ti tipo bonario. Le faccio alcuni esempi: ogni anno a Siena viene fatta la rievocazione della battaglia di Montaperti, con 400 senesi che fanno una fiaccolata e portano una corona d’alloro; sono venuti da me a chiedermi di partecipare e io ho accettato. Ad un certo punto della discussione in cui partecipavano i sindaci, uno si è tirato fuori dicendo: “io sto con loro, ma non sono di Siena, sono di Arezzo!”. Oppure come sarà divertente quando dovrò andare sulla torre del Conte Ugolino a Pisa (il Cecchini recita Dante) e lancerò da lassù l’anatema ai pisani “Ahi Pisa, vituperio delle genti…” con 10.000 persone tra cui anche il sindaco di Pisa; è bellino, no?”
Non ne dubito, ma torniamo alla bistecca. Cosa ne pensa del fatto molti italiani (ma soprattutto molti toscani) si stanno recando a San Marino per mangiare e comprare la bistecca alla fiorentina?
“E volevo aprire una macelleria là infatti: sto trattando per l’acquisto di un fondo, come anche vorrei averne uno a Città del Vaticano! Scherzi a parte, non c’è bisogno di andare a comprare le carni all’estero quando le nostre bestie sono sane e genuine, per cui ben vengano i marchi di qualità e di origine controllata, ma comunque continuiamo a fare ‘i chiasso e a essere fieri del nostro essere toscani e della nostra terra con tutto quello che offre: vengono qui da tutto il mondo per godersi la Toscana, quando i primi che dovrebbero fare una cosa del genere sono proprio i toscani!”.
Ma una festa della “resurrezione della bistecca” non verrà fatta?
“E l’aspettano tutti a gloria… per questo non si farà! La gente va fatta anche soffrire!”
Allora almeno una rima in onore della bistecca per concludere…“Quanta è bella giovinezza / che si fugge tutta via / chi vuol esser lieto sia / del doman non c’è bistecca!” Oppure, citando l’Amleto, “To beef or not to beef, this is the question”.
(Corriere del Chianti luglio 2001)

Le maschere di Rignanese

La stagione del teatro Margherita inizia all’insegna della comicità di Nicola Rignanese. L’attore, che ha preso parte alle trasmissioni televisive con Antonio Albanese “Non c’è problema” e con Paolo Rossi “Su la testa”, ha messo in scena tutto il suo repertorio di personaggi suoi e non solo per rendere omaggio al grande Ettore Petrolini. L’attore, che ha curato la regia con Gianfranco Pedullà e accompagnato dalla Band Statale Settantuno, ha incentrato la piece su una miscellanea di generi, dal comico al tragico, alternando monologhi, canzoni, improvvisazioni, musiche che rappresentano un ritratto volutamente irriverente ai classici canoni del teatro. Lo spettacolo “Morire dal ridere! O sui fantasmi del Palcoscenico”, prima nazionale, lo scorso sabato 11 novembre presso un teatro assai pieno, ha l’intento principale di legare indissolubilmente le esperienze dei personaggi rappresentati con quelle dell’attore che li rappresenta, proprio fino all’esalazione dell’ultimo respiro, con lo spirito inquieto del personaggio che non si rassegna alla morte e cerca (riuscendoci) a rimanere in vita (almeno nella memoria collettiva). I personaggi che Rignanese veste sul palcoscenico sono icone del nostro tempo: si va Manuel, improbabile modello dai pochi neuroni iperbombardati del mondo di slogan del fashion advertising a Eterogeneo, l’uomo dall’irrefrenabile maschialità che è tutto e il contrario di tutto, la cui indecisione pende come un immenso fatale macigno. Oltre al crudele mondo dello spettacolo, che impone all’attore/clown di divertire a tutti i costi il pubblico, trattato alla stregua di un animale da circo, sbeffeggiato dai musici e perfino da un palcoscenico ingrato, che alla fine collassa su se stesso. Fortunatamente non è così nella realtà e i prossimi appuntamenti al Margherita di Marcialla il 18 e 19 novembre con la Compagnia La Martinicca in Tutta Colpa di Franz di Romano Franceschi, una commedia brillante in vernacolo empolese, sabato 25 novembre con il duo Rita Marcotulli al piano e Stefano (Cocco) Cantini al sax, il 26 novembre L’incantatore Di Folle di e con Saeed Fekri (mimo e clown), uno spettacolo in ricordo di Totò e Chaplin.
(Metropoli Chianti novembre 2006)

La magnifica ex casa dell'eros della Valdelsa

C’era una volta il Magnifico. No, non stiamo parlando di Lorenzo de’ Medici, ma di un locale che di scambisti che era assai conosciuto tra la seconda metà degli anni Novanta e i primissimi anni del nuovo millennio. A qualche centinaio di metri dal lago di Tavolese a Certaldo, paese del Boccaccio, nei locali del Magnifico fino a qualche anno fa si faceva ben altro che leggere le novelle del famoso cantore medievale. “Scusi mi sa dire la strada per Marcialla che poi porta a Certaldo?” era una domanda molto frequente quella che ignoti signori su auto di grossa cilindrata accompagnati da gentil donzelle - moglie o amante fa lo stesso, purché sia femmina – rivolgevano puntualmente ai bar dei comuni limitrofi per raggiungere il tanto sospirato luogo, che un po’ tutti sapevano dove fosse ma che mai avrebbero osato avvicinare. Anche perché all’ingresso veniva chiesta la carta di identità: se si era del luogo non c’era parola d’ordine che magicamente apriva le porte della lussuria. I membri del club invece potevano sfoggiare una tessera che garantiva loro l’accesso. “Veniva gente principalmente da Roma e da Milano: ma poi il club si aprì anche a gente del luogo, che magari invece della moglie portava l’amica disinibita…”, il racconto di un signore alto brizzolato sulla quarantacinquina di Certaldo che qualche volta è entrato all’interno della casa di piacere. Ma che non deve essere stato il solo, perché sulla strada spesso c’erano parcheggiati veicoli con targhe locali. E il club non era conosciuto solo dalla gente della zona, ma era recensito anche su internet, come ‘Amici nel Mondo’. “E li dentro non era poi difficile fare certi tipi di amicizie… si poteva oltre a ‘fare’ si poteva anche guardare… c’era una stanza dedicata esclusivamente al voyeurismo, ma in cantina c’era addirittura lo spazio sadomaso, con tanto di anelli e corde, oltre a tante fruste, e che fruste… l’ho vista una volta ma non era il genere mio, sono un tipo un po’ più tradizionale”, continua con aria un po’ ironica questo signore che chiameremo fittiziamente ‘Lorenzo’. “Però sul trono una volta mi ci sono seduto”, continua Lorenzo, alludendo alla regale sedia dove era scritto appunto ‘Il Magnifico’, e che sembrava fosse riservata a colui che durante la serata si fosse particolarmente distinto nell’arte amatoria. Da almeno 5 anni il Magnifico però non esiste più, per la delusione degli ‘Amici del Mondo’, vicini e lontani. “Forse una gestione più oculata – e ben più riservata - lo avrebbe fatto continuare ad esistere, ma ormai è andata così”, conclude ‘Lorenzo’. Si dice in giro, però, che su internet circoli qualche filmato girato all’interno del Magnifico, che continuerebbe così a celebrare le gesta di un club che stava cominciando a diventare forse un po’ troppo ingombrante.
(Metropoli Chianti ottobre 2006)